Joseph Daher, un attivista rivoluzionario siriano
membro della Corrente di Sinistra Rivoluzionaria illustra lo stato dei movimenti popolari nel suo paese,
precisamente dell'autorganizzazione delle masse nelle regioni liberate,
della lotta contro il settarismo e contro gli islamisti.
Per più di due anni la maggior parte degli osservatori ha analizzato
il processo rivoluzionario siriano in termini geopolitici, dall'alto,
ignorando le dinamiche politiche e socioeconomiche che scaturivano dal
basso. La minaccia di un intervento occidentale ha solamente rafforzato
l'idea di uno scontro tra due fazioni: gli Stati occidentali e le
monarchie del Golfo da una parte, Iran, Russia ed Hezbollah dall'altra. Ci rifiutiamo di scegliere tra questi due schieramenti e rifiutiamo
questa logica del "male minore" che condurrà soltanto alla sconfitta
della rivoluzione siriana e dei suoi obiettivi: democrazia, giustizia
sociale ed il rifiuto del settarismo. Il nostro sostegno va al popolo
rivoluzionario che lotta per la sua libertà e l'emancipazione. Infatti
solo un popolo in lotta provocherà non solo la caduta del regime, ma
anche la creazione di uno stato laico e democratico e la progressiva
affermazione della giustizia sociale. Una società che rispetti e
garantisca il diritto di ognuno a praticare la propria religione e che
rispetti l'eguaglianza dei propri cittadini senza discriminarli su basi
religiose, etniche e di genere.
Solo le masse che sviluppino il proprio potenziale di mobilitazione
possono realizzare il cambiamento attraverso l'azione collettiva. È
l'abc della politica rivoluzionaria. Ma oggi questo abc incontra un
profondo scetticismo da parte di numerosi ambienti di sinistra in
occidente. Ci viene detto che scambiamo i nostri desideri con la realtà,
che ci può essere stato un principio di rivoluzione in Siria due anni e
mezzo fa ma che le cose sono cambiate. Ci viene detto che il jihadismo è
subentrato nella lotta contro il regime e che non si tratta più di una
rivoluzione bensì di una guerra e che c'è bisogno di scegliere un fronte
per trovare una soluzione concreta.
Tutto il "dibattito" a sinistra è avvelenato da questa logica "campista",
delle volte accompagnata da teorie della cospirazione che confondono le
differenze fondamentali tra la sinistra e la destra - specialmente
quella estrema. Quando un giornalista riporta ciò che ha visto sul
campo, nelle zone sotto il controllo dei ribelli, e confuta la
narrazione dominante sull'egemonia jihadista viene semplicemente
ignorato. Qualcuno aggiugne che queste storie sono parte delle menzogne
dei media che puntano a rendere l'opposizione presentabile per
giustificare un intervento imperialista e per questo non possiamo dargli
credito.
Abbiamo chiesto a Joseph Daher, un attivista rivoluzionario siriano
membro della Corrente di Sinistra Rivoluzionaria che attualmente vive in
Svizzera, di illustrarci lo stato dei movimenti popolari nel suo paese,
precisamente dell'autorganizzazione delle masse nelle regioni liberate,
della lotta contro il settarismo e contro gli islamisti. Ciò che ne
esce è chiaro: si, la rivoluzione è ancora viva in Siria ed ha bisogno della nostra solidarietà. [LCR Web] [1]
Comitati popolari, elezioni ed amministrazioni civili
Dall'inizio della rivoluzione le principali forme di organizzazione
sono stati i comitati popolari a livello regionale, cittadino e di
villaggio. I comitati popolari sono state le vere avanguardie del
movimento che ha mobilitato il popolo per le proteste. Da allora le
regioni liberate dal regime hanno sviluppato delle forme di autogestione
fondate sull'organizzazione delle masse. I consigli popolari eletti
sono nati per gestire queste regioni liberate a dimostrazione che era il
regime che aveva provocato una situazione di anarchia, non il popolo.
In alcune regioni liberate dalle forze armate del regime sono state fondate le amministrazioni civili
per compensare l'assenza dello stato ed assumersi i suoi compiti in
numerosi settori, ad esempio la gestione di scuole, ospedali, strade,
acquedotti, elettricità e comunicazioni. Queste amministrazioni civili
vengono costituite per elezione e per consenso popolare e tra i loro
compiti principali c'è quello di fornire i servizi civili, la sicurezza e
la pace civile.
Le libere elezioni locali nelle zone "liberate" sono state le prime
da quarant'anni a questa parte. È questo il caso della città di Deir
Ezzor, alla fine del febbraio 2013, dove Ahmad Mohammad, un elettore, ha
dichiarato che "vogliamo uno stato democratico, non uno stato islamico.
Vogliamo uno stato laico governato dai civili, non dai mullah."
Questi consigli locali riflettono il senso di responsabilità e la
capacità dei cittadini di prendere l'iniziativa per gestire i propri
interessi affidandosi al proprio staff manageriale e alle proprie
esperienze. Ce ne sono di diversi tipi sia nelle regioni ancora sotto il
controllo del regime sia in quelle che se ne sono liberate.
Un altro esempio concreto di questa dinamica di autogestione
si è visto all'assemblea fondativa della Coalizione dei Giovani
Rivoluzionari in Siria, avvenuta agli inizi di giugno ad
Aleppo. La riunione ha raccolto un ampio settore di attivisti dei
comitati e comitati di coordinamento che hanno svolto un ruolo
importante sul campo sin dall'inizio della rivoluzione. Vengono da varie
regioni del paese e rappresentano ampi settori della società siriana.
La conferenza è stata presentata come un momento fondamentale per
rappresentare la gioventù rivoluzionaria di tutte le comunità.
Ciò non significa che queste esperienze non abbiano dei limiti,
come la scarsa rappresentanza delle donne e di alcune minoranze. Non si
tratta di indorare la realtà ma di ristabilire la verità.
L'esempio di Raqqa
La città di Raqqa, l'unico capoluogo di provincia liberato dal
regime dal marzo 2013, è un illustre esempio di autogestione delle
masse. Raqqa, che ancora subisce i bombardamenti da parte del regime, è
completamente autonoma ed è la popolazione locale che gestisce tutti i
servizi per la collettività. Un elemento altrettanto importante nella
dinamica popolare della rivoluzione è la proliferazione di giornali indipendenti
prodotti dalle organizzazioni popolari. Il numero di testate è passato
dalle tre esistenti prima della rivoluzione - tutte gestite dal regime -
a più di sessanta.
A Raqqa spesso sono i giovani a guidare le organizzazioni popolari,
che si sono moltiplicate fino a contare alla fine di maggio più di 42
movimenti sociali ufficialmente registrati. I comitati popolari hanno
organizzato numerose campagne. Un esempio è la campagna "la bandiera
rivoluzionaria mi rappresenta", che consiste nel dipingere la bandiera
della rivoluzione sui muri dei quartieri e nelle strade della città per
opporsi alla campagna degli islamisti che cerca di imporre la sua
bandiera nera. Sul fronte culturale nel centro della città è andato in
scena uno spettacolo che prendeva in giro il regime di Assad e agli
inizi di giugno le organizzazioni popolari hanno allestito una mostra di
arte ed artigianato locale. Sono stati istituiti dei centri per
prendersi cura dei più giovani e per curare i disordini psicologici
provocati dalla guerra. Gli esami di maturità a giugno e luglio sono
stati completamente organizzati dai volontari.
Esperienze simili di autogestione si trovano in molte zone liberate ed è inutile dire che le donne svolgono un ruolo eccezionale in questi movimenti
e nelle proteste in generale.
Ad esempio il 18 giugno scorso nella città di Raqqa c'è stata una grande
protesta di massa guidata dalle donne di fronte al quartier generale
del gruppo islamista Jabhat al-Nusra per richiedere la liberazione dei
prigionieri. I manifestanti hanno innalzato slogan contro Jabhat
al-Nusra denunciando le loro azioni e non hanno esitato ad utilizzare il
primo slogan intonato a Damasco nel febbraio 2011: "Il popolo siriano
rifiuta di essere umiliato". Il gruppo "Haquna" (che significa "i nostri
diritti"), composto da molte donne, ha anche organizzato numerosi
raduni contro i gruppi islamisti a Raqqa, utilizzando parole d'ordine
come "Raqqa è libera, abbasso Jabhat al-Nusra".
Nella città di Deir Ezzor lo scorso giugno gli attivisti locali
hanno lanciato una campagna che cercava di incoraggiare i cittadini a
partecipare al processo di sorveglianza e a documentare le pratiche dei
consigli popolari locali. Tra le altre cose li incitava a promuovere i
propri diritti e la cultura dei diritti umani all'interno della società.
In particolare è stato posto l'accento sull'idea dei diritti e della
giustizia per tutti.
Contro gli islamisti
Sono le stesse organizzazioni popolari che sempre più spesso si
oppongono ai gruppi armati islamisti. Quest'ultimi vogliono utilizzare
la forza per assumere il controllo delle zone liberate anche se non
hanno radicamento nel movimento popolare e non appartengono alla
rivoluzione.
Ad esempio la città di Raqqa ha assistito ad una continua resistenza
contro i gruppi islamisti. Da quando la città è stata liberata, nel
marzo 2013, sono state organizzate numerosissime proteste contro l'ideologia e le pratiche autoritarie dei gruppi islamisti.
Ci sono state manifestazioni di solidarietà con gli attivisti arrestati e
detenuti nelle carceri islamiste. Queste proteste hanno permesso la
liberazione di alcuni attivisti, ma numerosi altri rimangono ancora oggi
in prigione, come il famoso Padre Paolo e molti altri tra cui il figlio
dell'intellettuale Yassin Hajj, Firas.
Proteste simili contro le pratiche reazionarie ed autoritarie degli
islamisti hanno avuto luogo ad Aleppo, Mayadin, al-Qusayr e in altre
città come Kafranbel. Queste lotte proseguono ancora.
Nel quartiere aleppino di Bustan Qasr gli abitanti hanno protestato
tante volte per denunciare le azioni del Consiglio della Sharia di
Aleppo, che riunisce numerosi gruppi islamisti. Il 23 agosto i
manifestanti di Bustan Qasr mentre stavano condannando il massacro con
armi chimiche compiuto dal regime contro la popolazione di Ghouta,
stavano anche chiedendo la liberazione del noto attivista Abu Maryam,
rinchiuso ancora una volta dal Consiglio della Sharia. Alla fine di
giugno 2013 nello stesso quartiere i manifestanti hanno innalzato lo
slogan "Vaffanculo al Consiglio Islamico" in protesta contro le
politiche repressive ed autoritarie di quest'ultimo. L'indignazione
popolare è scoppiata anche dopo l'assassinio di un ragazzino di 14 anni,
che pare avesse fatto un commento blasfemo nei confronti del Profeta
Maometto in una barzelletta, compiuto da jihadisti stranieri
appartenenti al gruppo Stato Islamico dell'Iraq e della Siria (ISIS).
Durante una protesta contro il consiglio islamico a Bustan Qasr gli
attivisti hanno urlato "Che vergogna, che vergogna, i rivoluzionari sono
diventati shabiha" paragonando il consiglio islamico alla polizia
segreta del regime siriano in chiara allusione alle loro pratiche
autoritarie.
Ogni venerdì ci sono delle manifestazioni. Durante quella del 2
agosto 2013 i Comitati di Coordinamento Locale (LCC), che svolgono un
ruolo importante ed utile sia all'interno della rivoluzione che nel
fornire cibo, beni e servizi alla popolazione e ai rifugiati, hanno
dichiarato ciò che segue in un comunicato: "in un messaggio unificato
dalla rivoluzione al mondo intero, confermiamo che il rapimento di
attivisti e di altri membri fondamentali della rivoluzione, a meno che
questi non siano agenti della tirannia, ostacola la libertà e la dignità
della rivoluzione." Questo messaggio era direttamente indirizzato a
quei gruppi islamisti reazionari. Ugualmente il 28 luglio gli LCC hanno
scritto un comunicato intitolato "La tirannia è una, che sia in nome della religione o del laicismo" respingendo sia gli islamisti che il regime.
Dovremmo anche notare che alcune forze jihadiste, come Jabhat
al-Nusra ed ISIS, stanno cercando di rendersi egemoni in alcune zone
liberate attaccando gli attivisti ed i battaglioni dell'FSA piuttosto
che lottando contro il regime, mentre molti jihadisti che si stanno
riversando in Siria da paesi come l'Iraq ed il Libano non si stanno
raggruppando al fronte. Piuttosto stanno concentrando i loro sforzi per
consolidare il controllo delle aree settentrionali del paese controllate
dai ribelli. Dopo la caduta di Raqqa nel marzo 2013 molti combattenti
di Jabhat al-Nusra si sono diretti in questa provincia lasciando a metà
le operazioni di resistenza ad Homs, Hama ed Idlib. Alla fine di maggio
durante la battaglia per Qusayr si notava l'assenza dei combattenti di
Jabhat al-Nusra. Agli inizi di giugno i rinforzi ribelli si sono
concentrati sulla presa di Talbiseh, una città a nord di Homs, mentre i
combattenti di Jabhat al-Nusra hanno preferito rimanere nelle zone
liberate per colmare il vuoto lasciato dagli affiliati dell'Esercito
Libero Siriano.
Ribadiamo che questi gruppi jihadisti ed islamisti reazionari sono
nemici della rivoluzione, insieme a tutti quei gruppi che promuovono il
settarismo, il rapimento, la tortura e l'omicidio come pratica di
potere.
Alcuni casi recenti confermano il loro comportamento reazionario.
Per esempio la presa della città di Ma'loula è stata presentata
dall'account ufficiale di Jabhat al-Nusra come parte della campagna di
vendetta "Occhio per occhio", lanciata dopo l'attacco chimico a Ghouta.
Una delle foto dell'attacco a Ma'loula venne pubblicata su Facebook con
un verso del Corano che recit: "Allah ci dia la pazienza e la vittoria
sugli infedeli" - il che forse non era il migliore slogan da utilizzare
mentre al-Qaida lancia un attacco in cui un islamista giordano si è
fatto saltare alle porte del più antico villaggio cristiano del paese.
L'ISIS è stato anche accusato di estorcere le tasse con la forza ai
proprietari dei negozi in numerose zone sotto il proprio controllo, come
a Raqqa (dove arrivano anche fino a 15,000 lire siriane), Tell Abiyad
ed altre città.
Un paio di settimane fa l'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani
ha ricevuto un filmato che ritraeva dei combattenti dell'ISIS mentre
decapitavano due uomini. L'uomo nel video dichiara che questi uomini
stavano cooperando con il regime. Gli attivisti di Aleppo hanno riferito
che l'esecuzione ha avuto luogo alla fine di agosto vicino il villaggio
di al-Dweiraniya, questo tipo di comportamenti deve essere condannato
come i loro attacchi contro gli attivisiti rivoluzionari e contro i
battaglioni dell'FSA.
Arabi e Kurdi uniti.
Nella parte nord-orientale del paese, popolata dai kurdi, i recenti
scontri tra gli islamisti e le milizie kurde del PYD (legato al PKK)
hanno condotto alla nascita di molte iniziative popolari degli attivisi
locali che miravano a mostrare la fratellanza tra i kurdi e gli arabi di
quella regione e per riaffermare che la rivoluzione popolare siriana è
per tutti e che condanna razzismo e settarismo. Durante le battaglie
nella provincia di Raqqa la città di Tall Abyad ha visto la creazione
della brigata "Chirko Ayoubi", unitasi alla brigata del
Fronte Kurdo il 22 luglio 2013. Questa brigata riunisce insieme arabi e
kurdi che hanno pubblicato una dichiarazione comune che denuncia le
violazioni commesse dai gruppi islamisti ed i tentativi di dividere il
popolo siriano su basi etniche e settarie. Sfortunatamente alcune forze
dell'FSA hanno combattuto insieme agli islamisti.
Ad Aleppo il 1 agosto è stata indetta una manifestazione nel
quartiere Achrafieh - popolato per lo più da kurdi - che ha portato
centinaia di persone in piazza per sostenere la fratellanza tra arabi e
kurdi, per condannare gli atti commessi dai gruppi estremisti islamisti
contro la popolazione kurda e per inneggiare all'unità del popolo
siriano.
Nella città di Tell Abyad, che ha visto violenti scontri, gli
attivisti hanno provato ad organizzare numerose iniziative per terminare
gli scontri tra i due gruppi, per fermare le partenze (espulsioni?)
forzate di civili e per creare un comitato popolare per governare la
città e promuovere delle iniziative congiunte tra le due popolazioni al
fine di raggiungere una quadra con mezzi pacifici. Questi tentativi sono
ancora in corso malgrado gli scontri continui tra gli islamisti e le
milizie kurde.
Nella città di Amouda una trentina di attivisti si sono radunati il 5
agosto con le bandiere rivoluzionarie siriane e quelle kurder
innalzando uno striscione che recitava "Homs ti amo" per mostrare
solidarietà alla città assediata dall'esercito del regime siriano.
Nella città di Quamishli - dove vivono arabi (cristiani e
musulmani), kurdi ed assiri - gli attivisti locali hanno organizzato
numerosi progetti per assicurare la coesistenza e l'amministrazione di
alcuni quartieri tramite dei comitati congiunti. Nella stessa città
l'Unione dei Liberi studenti Kurdi ha lanciato una piccola campagna web
per invocare la libertà, la pace, la fratellanza, la tolleranza e
l'eguaglianza per il futuro della Siria.
In moltissime situazioni il movimento popolare siriano non ha mai
smesso di ribadire il rifiuto del settarismo, malgrado i tentativi del
regime e dei gruppi islamisti di attizzare questo pericoloso incendio. I
manifestanti hanno continuato fino ad oggi a ripetere slogan come
"Siamo tutti siriani, siamo tutti uniti" e "No al settarismo".
Così i comitati popolari e le organizzazioni svolgono un ruolo cruciale nel continuare il processo rivoluzionario,
poichè sono gli attori essenziali che permettono al movimento popolare
di resistere. Non si tratta di sminuire il ruolo della resistenza
armata, ma quest'ultimo dipende dai movimenti popolari per proseguire la
sua lotta.
"La morte piuttosto che l'umiliazione"
In conclusione, la rivoluzione siriana è ancora lì, continua e non
si fermerà. Continuerà malgrado la guerra senza quartiere condotta dal
regime contro il movimento popolare e malgrado i suoi ripetuti massacri
contro la popolazione civile; continuerà malgrado le minacce interne
provenienti dai gruppi islamisti e reazionari. Sebbene rappresentino una
minoranza questi gruppi sono pericolosi e sono anche nemici della
rivoluzione a causa della loro opposizione agli obiettivi della rivolta
democratica per la democrazia e la giustizia sociale, per la loro
ideologia settaria e per le loro pratiche autoritarie.
Così come i manifestanti durante la manifestazioni continuano a cantare
"Il popolo siriano non verrà umiliato" e "morte piuttosto che
l'umiliazione" il movimento popolare continuerà la sua lotta fino alla
vittoria degli obiettivi della rivoluzione. Viva le rivoluzioni del
popolo! Potere e Ricchezza al popolo!
Post Scriptum sull'intervento straniero e le mobilitazioni contro la guerra
La Corrente della Sinistra Rivoluzionaria in Siria, insieme a cinque
altre organizzazioni socialiste rivoluzionarie della regione [2], ha
dichiarato la propria opposizione a qualsiasi possibile e futuro
intervento occidentale condannando allo stesso tempo gli interventi
omicidi e distruttivi dell'Iran, della Russia e di Hezbollah a sostegno
del regime di Assad nella sua guerra contro i rivoluzionari. Questa
dichiarazione era anche contro i gruppi jihadisti reazionari e
terroristi sostenuti dalle monarchie del golfo che vogliono trasformare
questa rivoluzione popolare in una guerra settaria perchè temono la
vittoria ed il dilagare della rivoluzione per l'intera regione fino ai
loro confini. Sappiamo che l'intervento statunitense non ha l'intenzione
di rovesciare il regime ma solo, in accordo con le parole di Obama, di
punire l'attuale leadership siriana, di salvare la faccia
dell'amministrazione statunitense, dopo tutte le minacce riguardo
l'utilizzo di armi chimiche, e di indurre il regime a negoziare. Gli Stati Uniti potrebbero attaccare solo per difendere i propri interessi vitali, oltre a quelli di Israele.
Noi, la Corrente della Sinistra Rivoluzionaria in Siria, chiediamo
invece la fornitura di armi senza condizioni politiche alle componenti
democratiche dell'Esercito Libero Siriano ed anche la consegna di aiuti
umanitari alla popolazione bisognosa dentro e fuori la Siria.
L'FSA non è una forza islamista come detto da numerosi media, sono
numerosi battaglioni rappresentativi delle infinite sfaccettature della
società siriana, composta da musulmani sunniti, alawiti, cristiani,
drusi, kurdi, assiri etc.. In molte regioni sottostanno e collaborano
con l'autorità civile, lavorando a stretto contatto con i consigli
locali. Hanno combattuto per assicurare che la loro lotta contro Assad
aprirà la strada ad una nuova società democratica. In alcune regioni
controllate dall'FSA ci sono delle assemblee settimanali in cui i
cittadini possono parlare liberamente e possono rivolgere le proprie
preoccupazioni direttamente alle autorità locali. Contemporaneamente il
regime di Assad, il cosiddetto difensore delle minoranze come detto da
qualcuno, ha distrutto più di trenta chiese dall'inizio della
rivoluzione.
Affermiamo di nuovo il nostro sostegno alla rivoluzione siriana e ai
suoi obiettivi: democrazia, giustizia sociale ed il no al settarismo.
Detto questo la cosiddetta solidarietà con il popolo siriano
è una barzelletta, o meglio un insulto, quando proviene da quelle
organizzazioni e quelle persone che dicono no all'intervento straniero
occidentale mentre non parlano degli interventi stranieri di Russia,
Iran ed Hezbollah. Soprattutto quando non gli importava niente e
non hanno speso una sola parola per condannare il martirio di più di
100,000 persone, i molteplici massacri, i milioni di profughi e le
devastazioni commesse dal regime di Assad sin dall'inizio della
rivoluzione. Inoltre non hanno mai sostenuto il movimento popolare per
la democrazia e la giustizia sociale, anzi lo hanno indebolito e /o
hanno provato a ritrarlo come una cospirazione, seguendo alla lettera la
propaganda del regime. La solidarietà si deve basare innanzitutto sul
sostegno al movimento popolare per la sua rivoluzione per la democrazia e
la giustizia sociale in Siria ed in ogni dove, e
sull'internazionalismo. In altre parole bisogna sostenere il popolo
nella sua lotta per l'emancipazione e la liberazione. Solo quando questo
punto è chiaro si possono innalzare tali slogan.
Qualsiasi cosa accada la pensiamo come la Gioventù Rivoluzionaria
Siriana di Homs, che ha diramato un manifesto con su scritto: "Le
dichiarazioni di Obama e degli altri non ci interessano. Abbiamo
iniziato la nostra rivoluzione e saremo coloro che la porteranno a
compimento. La nostra unità è più forte di qualsiasi attacco esterno."
La rivoluzione è ancora viva e continua...ed ha bisogno della nostra
solidarietà!
in italiano
da CommuniaNet.org
in inglese
da InternazionalViewPoint
Note
[1] Questo articolo è stato pubblicato sul blog Syria Freedom
Forever l'8 settembre 2013 con la seguente nota: «Questo post è una
traduzione dal francese di un articolo pubblicato sul sito della Lega
Comunista Rivolzionaria [belga] mercoledì 4 settembre 2013. L'articolo è
stato tradotto da Emanuele Calitri.
[2] "Sosteniamo la Rivoluzione del Popolo siriano. No all'intervento straniero" pubblicato anche su International Viewpoint.
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