Da CommuniaFest del 20-22 settembre. Noi ci proponiamo di fare politica costruendo reti tra i conflitti, animando questi ultimi e accumulando risorse militanti ed energie mentali nel corso di questo processo
da CommuniaNet.org
Ancora un autunno di crisi sta per arrivare. Crisi economica, durissima, crisi politica, sociale. Crisi di idee. La grande recessione ha conferito al nostro tempo un'impronta crepuscolare e questo si riverbera nelle nostre aspettative e nel nostro modo di agire. Il capitalismo globale non ha ricette per portare il mondo fuori dalle secche in cui l'ha precipitato. Servono alternative secche, salti di qualità improvvisi come solo le rivoluzioni sono in grado di fare.
L'Italia resta il paese in cui la danza della crisi si svolge attraverso un rito macabro. Tutti in attesa che il “cadavere” politico di Berlusconi, sempre più consunto eppure in grado di catalizzare la crisi, scorra via. Il modo in cui il Partito democratico rivela di aver bisogno del suo presunto rivale dimostra non tanto la pochezza ma la sua complicità nell'anomalia italiana. Le responsabilità di Berlusconi e della destra nella distruzione di porzioni ingenti di welfare sono evidenti: basta pensare alla scuola di Maria Stella Gelmini. Eppure, tutto dimostra che la vite su cui resta imperniato il sistema italiano è il Pd, i suoi dirigenti, le sue convenienze e le sue connivenze. Il Pd gestisce, dal Quirinale, una stabilizzazione di regime che grida scandalo. Guida, in territori come la Val di Susa, la criminalizzazione di un movimento tenace, soprattutto in virtù dei propri interessi di bottega. Sigla attraverso Cgil, Cisl e Uil un nuovo “patto dei produttori” con Confindustria. Tiene in vita un reperto del passato, Berlusconi, in attesa di incastonare i propri equilibri di potere, interni e istituzionali.
La rilevanza di quegli interessi è talmente evidente che anche un candidato di facile successo come Matteo Renzi viene imbrigliato e stritolato dall'apparato per impedire un cambio di gestione. Il programma di Renzi viene indicato, anche da tanta sinistra, come quello più moderato, il più blairiano, liberale, liberista. Ma nell'attuale Pd non c'è altro. L'orizzonte è segnato, le varianti sono solo di stile. La partita è esclusivamente una partita di potere. Se il presidente di una fondazione bancaria, Chiamparino, già sindaco di Torino ha preso in considerazione l'ipotesi di candidarsi alla Regione Piemonte, è chiaro che i problemi di assetto sono più di fondo e la lotta per il potere più spietata di quanto appaia.
La discussione a sinistra sui gradi di vicinanza al Pd, dunque, è oziosa e serve a nascondere solo il problema della sopravvivenza degli apparati. L'ipotesi di costruire una sinistra “ancella” del Pd è illusoria in radice e serve solo a gestire una rendita di posizione o, nel migliore dei casi, a salvarsi l'anima nelle difficoltà del presente.
Due schieramenti sostanzialmente omogenei si contendono così la guida del Paese e un movimento di contestazione che non ha un progetto di governo o uno sbocco plausibile alla crisi, continua a catalizzare la voglia di protesta. Il Movimento Cinque Stelle resta un'anomalia di sistema, un territorio inesplorato che potrebbe saltare per aria alla prima, seria, difficoltà e che tende a presentarsi come inaccessibile e non attraversabile dai movimenti di lotta con un'eccezione per quanto riguarda i NoTav. Al di là della sua ideologia, dunque, il M5S va valutato per la sua utilità sociale e per il grado di apertura, o meno, che presenterà rispetto ai movimenti sociali.
Il resto della sinistra, invece, resta affannato nel tentativo di preservare la propria, confusa, identità. Formata strutturalmente sull'idea del primato del politico sul sociale, la sinistra di classe gioca le poche carte a propria disposizione in improbabili tentativi di ricomposizione politica invece di giocarle a cielo aperto, assumendo dei rischi, nella partita della ricostruzione sociale.
Ricostruire socialmente, dunque, è l'asse su cui intendiamo cimentarci. Ricostruire soggettività diffuse in grado di mettere in agenda il conflitto a partire “da sé”, dalla radiografia dei nuovi bisogni indotti dalla nuova composizione di classe e dalla capacità di cucirvi attorno strumenti per l'autorganizzazione. Abbiamo cominciato rilanciando il mutuo soccorso e poi riabilitando la vecchia pratica delle occupazioni. Non per costruire isole “felici” compatibili con il capitalismo in crisi ma per organizzare embrioni di nuova soggettività. Soggettività precaria, operaia, migrante, studentesca. Soggettività che, nella crisi dei partiti, si connota direttamente come politica partendo dal sociale. E determina il proprio essere politico a partire dalla ricomposizione sociale.
Il progetto di Network che intendiamo lanciare con il festival del 20-22 settembre ruota attorno a questa ipotesi e fa fatica a orientarsi nell'agenda proposta per l'autunno. O meglio, si trova a suo agio nell'agenda sociale autodeterminata dai soggetti in movimento, siano essi i Notav o gli studenti. Ma fatica a districarsi in date lanciate “ex ante” sul conflitto, funzionali a diversi progetti politici.
Il 12 ottobre la sinistra “costituzionale” torna in piazza. È quella che ha animato in passato ipotesi elettoralistiche – Sinistra arcobaleno, Rivoluzione civile – e che oggi, sull'onda dei risultati a Cinque Stelle e della disponibilità offerta da personalità come Rodotà e Landini, privilegia un profilo più movimentista. Ma questo sembra rimanere nell'alveo della politica istituzionale e dei rapporti che questa comporta. E, soprattutto, non svela innesti sociali al di fuori dalle scelte e dalle logiche di gruppi dirigenti della sinistra che sono gli stessi di sempre.
La manifestazione del 19 ottobre, invece, obbedisce meglio a una logica di movimento. Ma, non provenendo da una dinamica autodeterminata, rischia di non valorizzare l'autorganizzazione necessaria.
Più interessante invece è la dinamica che porterà, proprio tra il 12 e il 19 ottobre, a diverse iniziative territoriali contro “debito, cemento e precarietà”, contro le grandi opere e i grandi eventi (Tav, Muos, Expo2015), per la difesa di beni comuni. Un percorso che per noi continuerà insieme al Forum per una nuova finanza pubblica e sociale che nell'autunno lancerà le sue campagne per l'audit sul debito e la riappropriazione di Cassa depositi e prestiti.
Il percorso è ancora lungo e lo sarà anche il nostro cammino. Noi ci proponiamo di fare politica costruendo reti tra i conflitti, animando questi ultimi e accumulando risorse militanti ed energie mentali nel corso di questo processo. Molti di noi si rimettono in marcia, altri e altre lo fanno per la prima volta. Il cammino sarà lungo ma la voglia di compierlo sarà maggiore.
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