Anche
a Bari ogni promessa è debito se a farla è il padrone della
fabbrica. Rischio licenziamento per 950 dipendenti!
La
comunicazione ufficiale della chiusura dell'unico stabilmento
Bridgestone in Italia pare essere arrivata a ciel sereno appena
lunedì scorso a mezzo stampa. Come
dichiarato dall'azienda, le cause sono riconducibili sia a fattori
interni: processi e struttura organizzativa, presenza di macchinari
funzionali a una produzione di pneumatici considerati di uso
generico; sia esterni: costi della logistica ed energetici elevati.
Nei fatti, però, ascoltando i lavoratori in presidio permanente
davanti ai cancelli, le
avvisaglie di un cambio di rotta e di una decisione valutata già da
tempo c'erano tutte.
Appena un anno e mezzo fa il nuovo direttore dello stabilimento,
appena insediatosi, aveva pubblicamente detto che tutte le decisioni
dello stabilimento saranno prese in funzione degli interessi e delle
strategie della casa madre multinazionale giapponese con sede
centrale europea a Bruxelles.
Negli ultimi tempi il clima in fabbrica
era diventato di vero terrore; non ci si poteva avvicinare ai capi
reparto, nè discutere con i colleghi, per chiedere delucidazioni
sulle contraddizioni dei livelli produttivi. Mentre i sindacati si
erano appena accordati con l'azienda per una diminuzione dei giorni
di lavoro mensile, contemporaneamente si
richiedeva maggiore disponibilità di straordinario, si aumentava la
domanda di lavoro interinale ed intermittente.
Di fronte alle richieste di messa in sicurezza di alcune zone dello
stabilimento si verificavano comportamenti
di isolamento, pressione e ricatto nei confronti dei lavoratori
che denunciavano o semplicemente ponevano la questione di una
maggiore attenzione alla salubrità sul posto di lavoro. Dopo le
prime ore di sgomento, di incredulità, ormai tra le decine di
operai, ex-dipendenti in pensione, giovani precari assunti a tempo
durante i picchi di produzione, che si concentrano davanti
all'entrata della fabbrica sita nella zona industriale di
Bari-Modugno, prende forma la
consapevolezza che sarà una lunga lotta di resistenza per evitare i
950 licenziamenti previsti,
insieme a tutte le ricadute sull'indotto. Inizia a crescere il
disincanto verso quell'idea di credere di essere tutti una grande
famiglia all'interno dell'azienda, in cui il capo famiglia, la
dirigenza, è sempre pronta a fare sacrifici per i propri figli: gli
operai. Ora
più che mai è necessario un supporto ai lavoratori per condividere
con loro un impervio percorso a tutela della propria dignità, in cui
le vite e il lavoro delle persone valgono più dei loro profitti.
Inizia una vertenza che non riguarda solo direttamente i lavoratori
della Bridgestone bensì la possibilità di creare solidarietà,
spazi per pensare come rivoltare la precarietà di lavoro e di vita.
Ecco perchè questa mattina abbiamo portato non solo la nostra
solidarietà, ma anche la disponibilità a far sì che questa lotta
non rimanga isolata da tutte le altre forme di sfruttamento, di
ricatto diffuse sul territorio.
07
marzo 2013
Di
“Rivoltiamo la precarietà”.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.