"5 giorni resi efficaci e
bellissimi dallo sforzo collettivo, dalla partecipazione, dall’entusiasmo di noi tutti. La sensazione è che, insieme, si sia costruito
qualcosa di molto forte. Proseguiamo su questa strada!"
Si
è chiusa la settimana di mobilitazione dei precari dell'Istat per
difendere il loro lavoro e le loro competenze. Una lotta che ha coinvolto la quasi totalità dei precari, con scioperi, assemblee,
manifestazioni di piazza. Di seguito un'intervista a due dei lavoratori: Daniele D'Ambra e Angelita Castellani.
Perché questa settimana di intensa mobilitazione? Perché la maggior parte dei precari Istat rischia di essere messa alla porta?
La settimana di mobilitazione indetta dai precari dell’Istat si
inserisce in un percorso avviato già da circa tre anni, quasi in
contemporanea con il nostro ingresso in Istituto. Questo perché già ad
un mese dalla nostra assunzione l’amministrazione ha indetto nuovi
concorsi a tempo indeterminato, palesando la volontà di differenziare i
destini dei lavoratori precari rispetto a tutti gli altri attraverso
l’utilizzo di un doppio canale di assunzione: il primo a termine e senza
alcuna prospettiva e il secondo per l’ingresso compiuto nei ruoli
dell’Istituto, nonostante la presenza di un articolo ad hoc (art. 5)
all’interno del CCNL comparto Ricerca che prevede la possibilità di
trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo
indeterminato qualora questi siano stati stipulati attraverso una
procedura concorsuale pubblica.
A questa scelta dell’amministrazione contro cui il Coordinamento
Precari dell’Istat si è battuto fino ad oggi, si è aggiunto lo
scellerato provvedimento D’Alia che, per usare le parole del Presidente
del Consiglio Letta, propone la propria “soluzione strutturale” al
problema dei precari nelle pubbliche amministrazioni. Cioè l’espulsione
di massa. Attraverso una selezione altamente selettiva, non finanziata
economicamente e attraverso l’impossibilità di prorogare i contratti in
essere, si elimina qualsiasi possibilità concreta di reclutare realmente
coloro i quali garantiscono l’attività ordinaria dell’Ente da oltre tre
anni.
Per rendersi conto della portata effettiva del problema basti dire
che il 95% dei 400 precari attualmente sotto contratto sarebbero esclusi
dagli stessi criteri di accesso ai concorsi stabiliti dal decreto e
anche rispetto al 5% rimanente soltanto circa 20 unità potrebbero essere
assorbite dalle risorse economiche disponibili.
Come sta andando la mobilitazione? Quali sono le iniziative per i prossimi giorni?
La mobilitazione sta coinvolgendo la quasi totalità dei lavoratori
precari dell’Ente. Siamo partiti lunedì con l’occupazione del Contact
Center presso la sede centrale, in occasione della quale è stato issato
uno striscione sulla facciata principale che rimarrà esposto per
l’intera settimana di agitazione.
Martedì è stata organizzata una giornata itinerante tra tutte le
sedi decentrate di Roma, che sono state attraversate da rumorosi cortei
interni e da una campagna di sensibilizzazione e finanziamento rivolta
ai colleghi di ruolo, che si sono dimostrati tutt’altro che insensibili
sul problema del precariato, oltre a qualche irruzione nelle stanze dei
dirigenti, volta ad ottenere risposte immediate rispetto alle politiche
di gestione che l’amministrazione intende portare avanti nel prossimo
periodo.
Mercoledì e giovedì la protesta si svolge davanti Montecitorio per
far capire anche ai palazzi del potere che non accettiamo giochetti
sulle nostre vite e la settimana si concluderà con il vero e proprio
sciopero e con una piazza che in modo creativo proverà a ripercorrere
gli ultimi 15 anni di politiche sul lavoro, che hanno visto susseguirsi
ministri di diversa collocazione parlamentare, sostenuti da maggioranze
di diverso segno, ma sostanzialmente uguali ed in continuità tra loro
nelle proposte avanzate.
Presenterete un'indagine sulle vostre stesse condizioni di lavoro, un'autoinchiesta su voi stessi, cosa ne emerge?
L’idea dell’indagine precaria è nata durante un’assemblea
organizzata dal Coordinamento Precari sull’applicazione dell’articolo 5
del Contratto Nazionale. L’obiettivo era quello di far conoscere la
condizione precaria al di là dell’aspetto prettamente lavorativo e anche
di smentire alcuni luoghi comuni sulle presunte caratteristiche dei
lavoratori precari.
A partire dall’età: dall’indagine risulta in modo abbastanza evidente
che i precari dell’Istat possono essere considerati tutt’altro che
giovanissimi (35 anni l’età media). Buona parte di essi non è né alla
prima esperienza lavorativa, né – purtroppo – alla prima esperienza di
contratto a termine, bensì in buona parte dei casi si ha alle spalle una
considerevole carriera di precariato dentro e fuori la PA. L’altro dato
che salta agli occhi è come questa condizione di precarietà prolungata
incida pesantemente sulla possibilità di progettare la propria vita
personale e lavorativa, fino a toccare gli aspetti più basilari
(condizione abitativa, possibilità di avere figli e di separarsi dal
nucleo familiare di origine).
Un quadro che conferma come lo strumento della cosiddetta
flessibilità non sia utilizzato come occasione di inserimento nel
mercato del lavoro dei giovani, come ideologicamente propagandato fin
dagli anni Novanta, ma piuttosto sia una condizione persistente e in
continua espansione, attraverso cui mantenere i lavoratori in uno stato
di ricatto e instabilità.
Cinque giorni di assemblea permanente, mobilitazioni itineranti, sciopero. Cosa devono inventarsi i precari per lottare...
Come precari abbiamo ritenuto fin da quando abbiamo immaginato
questa mobilitazione che fosse essenziale rompere la ritualità che ormai
caratterizza lo strumento dello sciopero.
Era necessario interrompere la vita quotidiana dell’Istituto in termini
effettivi, quantitativi e qualitativi, andando oltre il simbolico e
anche oltre i lacci che costringono ad oggi questo strumento sotto tutti
i punti di vista (basti pensare che è vietato proclamare due giorni di
sciopero consecutivi se si è alla prima indizione su una specifica
vertenza).
Di conseguenza abbiamo pensato di utilizzare tutti gli strumenti in
nostro possesso e di utilizzarli insieme. Assemblee esterne, interne,
trasferimenti tra le varie sedi, colazioni e pranzi sociali fino ad
arrivare allo sciopero vero e proprio.
Ci sarà il tempo per sviluppare valutazioni più compiute
sull’effettiva riuscita della mobilitazione, ma senza dubbio possiamo
affermare che l’obiettivo di praticare uno sciopero effettivo e non solo
“di bandiera” sta riuscendo pienamente.
Va aggiunto però che questo ci è stato possibile a partire da una
condizione lavorativa che ci vede riconosciuti ben più diritti rispetto
ad altri lavoratori precari. A partire dalla forma contrattuale (TD,
contratto a tempo determinato), passando per il riconoscimento pieno dei
diritti sindacali.
E’ importante sottolineare questo aspetto sia in relazione al tema della
riproducibilità di quanto stiamo mettendo in campo, quanto alla
stringente necessità di estensione di alcuni diritti ad altre categorie
del lavoro precario per far si che anche la loro voce possa levarsi.
Senza paura, né ricatti. Per prenderci ciò che ci spetta di diritto.
la pagina Fb
leggi su:
DinamoPress
CommuniaNet
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.