Dopo l'ennesima strage politica nel Mediterraneo è necessario continuare a supportare le rivendicazioni dei migranti e le loro forme di autorganizzazione.
Negli ultimi vent’anni in Italia si è determinato un clima di xenofobia sempre più generalizzato, rafforzato dai quei governi che oggi compongono le "larghe intese". Negli anni si sono susseguite delle vere e proprie campagne politico-mediatiche improntate alla diffusione della paura verso l’immigrato, presunto responsabile dell’insicurezza pubblica. Il pacchetto sicurezza, insieme a dispositivi dei governi locali sia di centrosinistra che di centrodestra, hanno gradualmente introdotto norme che rasentano la discriminazione razziale. L’introduzione del reato di clandestinità con la legge Bossi-Fini del 2002, tra le altre cose, ha determinato un meccanismo di delazione molto pericoloso nel tessuto sociale che ancora oggi continua a minare la solidarietà tra chi è rimasto ai margini, producendo una sensazione di rischio e pericolo complessivo che si diffonde nella vita di tutti, non solo dei migranti. Dei lager che legittimano forme di razzismo ed esclusione sociale.
Negli ultimi vent’anni in Italia si è determinato un clima di xenofobia sempre più generalizzato, rafforzato dai quei governi che oggi compongono le "larghe intese". Negli anni si sono susseguite delle vere e proprie campagne politico-mediatiche improntate alla diffusione della paura verso l’immigrato, presunto responsabile dell’insicurezza pubblica. Il pacchetto sicurezza, insieme a dispositivi dei governi locali sia di centrosinistra che di centrodestra, hanno gradualmente introdotto norme che rasentano la discriminazione razziale. L’introduzione del reato di clandestinità con la legge Bossi-Fini del 2002, tra le altre cose, ha determinato un meccanismo di delazione molto pericoloso nel tessuto sociale che ancora oggi continua a minare la solidarietà tra chi è rimasto ai margini, producendo una sensazione di rischio e pericolo complessivo che si diffonde nella vita di tutti, non solo dei migranti. Dei lager che legittimano forme di razzismo ed esclusione sociale.
Nel
nostro paese, come in tutta l’Unione europea, la questione
dell’immigrazione viene gestita come una questione di ordine
pubblico. Gli enti pubblici non agiscono quindi per garantire il
welfare e delle politiche sociali adeguate, ma solo per garantire una
presunta sicurezza interna. Il continuo utilizzo del termine
“emergenza” è diventata una prassi per ottenere ingenti
finanziamenti dall’UE. Il Trattato di Dublino si è rivelato
una vera e propria merce di scambio tra i paesi che si affacciano sul
Mediterraneo e gli altri paesi europei. L’accordo tacito è
semplice, merce umana confinata in lager in cambio di finanziamenti a
pioggia. La scelta dei governi che si sono susseguiti è stata quella
di favorire i grandi centri ai margini delle grandi città a
discapito di esperienze di micro accoglienza all’interno dei
tessuti cittadini.

A
poche centinaia di metri dal Cie sorge il Cara (centro di accoglienza
per richidenti asilo). In attesa dell’asilo politico e dei
documenti è qui che stazionano per alcuni mesi migliaia di migranti,
che scappano dall’Africa e dal Medio Oriente a causa di guerre e
dittature. Le condizioni di vita nel Cara di Bari sono diventate col
passare del tempo sempre più preoccupanti. Negli ultimi tre anni
l’altissimo flusso in entrata di profughi proveniente dalla
Tunisia, dalla Libia, dall’Afghanistan, dal Bangladesh, dal
Pakistan e da tantissimi altri paesi ha fatto sì che nel Cara si
producesse una "emergenza" di sovraffollamento della
struttura, con un conseguente peggioramento permanente delle
condizioni di vita per tutti gli “ospiti”.
Ma
non solo. La risposta a queste politiche è stato
l’irrompere negli ultimi 5 anni del movimento
antirazzista, che per noi rappresenta ed ha rappresentato uno dei
motori della lotta di classe a Bari ed in Puglia.
Alle
manifestazioni, ai sit in, ai presidi e all’interno delle
rivendicazioni più generale dei migranti per l’ottenimento dei
documenti, di libertà di circolazione, di un reddito e di una casa è
nata la necessità di rispondere ai problemi della contingenze
quotidiana, rispetto alla mancanza di politiche di seconda
accoglienza da parte delle istituzioni per rifugiti e richiedenti
asili.

L'esperienza
del "Socrate", per alcuni suoi aspetti peculiari,
rappresenta un'iniziativa unica nel panorama nazionale, e può con il
tempo concretizzarsi come una risposta valida e alternativa al
problema del disagio abitativo, che riguarda tanto i migranti quanto
i tanti cittadini e le numerose famiglie che quotidianamente sono
obbligate a confrontarsi con il problema del non avere una casa.
Con
il passare dei mesi, osservando e partecipando in prima persona ai
momenti di mobilitazione di quella parte di società lasciata ai
margini dei processi economici, politici e sociali abbiamo cominciato
a cogliere l’importanza di tutte quelle “Demonstrations”, dei
cortei, delle occupazioni a scopo abitativo, dei presidi, degli
incontri in Prefettura con i rappresentanti del governo nazionale per
rivendicare maggiori diritti, documenti, la libera circolazione.
Quelle forme di autorganizzazione e di autodeterminazione dei
migranti non sono solo strumenti di dissenso, ma si rivelano
anche strumento di analisi della propria condizione e di proposta
concreta per il miglioramento della stessa, come nel caso
dell’esperienza di autorecupero dell’Ex Socrate.
di Luna - "Rivoltiamo la precarietà"
leggi anche: Come i migranti di Lampedusa, così la Bossi-Fini ci uccide
leggi anche: Come i migranti di Lampedusa, così la Bossi-Fini ci uccide
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.