mercoledì 23 ottobre 2013

Mobilitarsi per non rimanere indifferenti

L'appello-documento della Rete antirazzista del Salento per avviare un percorso comune tra le varie iniziative locali

La strage avvenuta alcuni giorni fa nel mare di Lampedusa ha suscitato un grande clamore mediatico accompagnato da accesi e ipocriti dibattiti politici. Come sempre, sui media, commozione e cronaca vanno a braccetto: ci vuole una enorme tragedia e grandi numeri per rendere attraverso gli schermi delle televisioni e dei sociali network l’idea di una nave colata a picco colma di esseri umani per immaginare la disperazione di tante vite silenziose, storie, quasi irreali, di chi scappa da una guerra, da persecuzioni, dalla miseria, o semplicemente vorrebbe una vita migliore. Tragedie simili a questa, con numeri meno eclatanti, si consumano giorno dopo giorno, da più di vent’anni. Un lento stillicidio che ha trasformato il Mar Mediterraneo in un cimitero di migliaia di corpi che non trovano spazio sui media, né ricevono lacrime istituzionali.

L'UE e i singoli Stati membri, nel corso degli ultimi vent’anni, hanno elaborato politiche migratorie sempre più incentrate sugli aspetti repressivi e gli orientamenti securitari. La volontà dichiarata di contrastare l’immigrazione irregolare è divenuta il leitmotiv della maggior parte dei discorsi pubblici (politici e/o massmediatici) che si è espressa fino ad oggi quasi esclusivamente mediante l’elaborazione di strumenti repressivi quali l’irrigidimento e l’esternalizzazione dei controlli alle frontiere o il rafforzamento delle garanzie d’esecutività per le espulsioni, lasciando nel dimenticatoio la promozione di percorsi di cittadinanza. Finora l’armonizzazione normativa tra gli Stati membri è avvenuta quasi esclusivamente in negativo, con la diffusione di pratiche repressive e di standard di diritti al ribasso. La stragrande maggioranza delle iniziative è andata nella direzione di assicurare la chiusura delle frontiere, nell’infondata illusione di bloccare i flussi migratori, mentre, in concreto, poco è stato fatto per promuovere la libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato, così come prevede, tra l’altro, l’articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.

Il dibattito sulle migrazioni, specie in Italia, pare sempre fermo all’anno zero. Sembra di vivere in un continuo déjà vu, nonostante i primi migranti giungano in Italia già dagli anni settanta: ad oggi, dopo oltre quarant’anni, ci si concentra solo sugli aspetti della finta emergenza in cui il paese viene ciclicamente fatto ricadere.
Nel vuoto della politica istituzionale, il tema delle migrazioni e dei diritti dei cittadini migranti è sparito dalle battaglie dei partiti. È rimasto solo nelle rivendicazioni di qualche leader desideroso di fare scalpore e guadagnarsi voti con la demagogia della crociata contro gli “invasori” stranieri. Vent’anni di approccio emergenziale e securitario, infatti, hanno performato il senso comune della gente creando una falsa contrapposizione tra migranti e autoctoni, facendo dei cittadini stranieri un facile capro espiatorio su cui scaricare surrettiziamente le tensioni sociali interne alle società e riproporre in questo modo la vecchia ma sempre attuale logica del divide et impera.

I migranti oggi, a causa dello speciale regime giuridico a cui sono sottoposti, vivono in maniera più accentuata e drammatica le medesime condizioni di precarietà e deprivazione di forza contrattuale a cui la maggioranza di noi cittadini è costretta da un sistema politico ed economico che basa la sua esistenza sull’esclusione. Un sistema che impedisce a quote sempre più ampie di soggetti la possibilità di vivere una vita degna di essere vissuta e l’accesso a diritti basilari, ad iniziare dal diritto al lavoro. Le migrazioni, quindi, esplicitano le dinamiche e le contraddizioni presenti nella società attuale rendendole maggiormente visibili. D'altronde, il legame tra politiche economiche e politiche migratorie è sempre stato molto stretto, tanto nel recente passato, quanto oggi, le modalità di gestione dei fenomeni migratori sono state, in fondo, una specifica modalità di gestione della forza lavoro. Una gestione che mutava al mutare delle generali condizioni economiche e produttive, ma che in ultima analisi tendeva e tende a depauperare di capacità contrattuale la forza lavoro dipendente non autoctona, situazione questa che si accentua, in particolare, nei periodi di crisi economica come quello attuale. Proprio in virtù di ciò, tornare a porre la questione migratoria al centro del dibattito politico vuol dire mettere in discussione i meccanismi basilari di funzionamento - svelandone le contraddizioni - delle scelte politiche ed economiche neoliberiste che guidano l’azione di governo dei paesi dell’Unione Europea, a prescindere dallo specifico orientamento politico che di volta in volta esprimono.

Data la portata e la complessità del tema, riteniamo che la questione migratoria non possa essere demandata solo a iniziative locali, significative sì, ma che per ovvi motivi restano circoscritte. Sarebbe importante un coordinamento delle iniziative portate avanti dalle diverse realtà impegnate sui territori. Avvertiamo infatti la necessità di riportare il tema delle migrazioni al centro del dibattito pubblico attraverso un confronto nazionale che punti, nell’immediato, alla revisione totale dell’impianto normativo riguardante la migrazione in Italia, ad iniziare dall’abrogazione della legge Bossi-Fini (n. 189 del 2002), che, è bene ricordarlo, non fa altro che peggiorare solo alcuni aspetti della precedente legge (si pensi al prolungamento dei tempi di detenzione dei Centri di Identificazione ed Espulsione o all’istituto del contratto di soggiorno, solo per citare due esempi tra i tanti). Un coordinamento tra le diverse realtà locali che abbia una prospettiva d’azione nazionale e internazionale, che emancipi l’approccio ai fenomeni migratori dalla “filosofia dell’ordine pubblico” e abbia la capacità di ricontestualizzare la tematica nelle più generali dinamiche sociali, politiche ed economiche della contemporaneità.

Rete Antirazzista Salento

per info e adesioni: reteantirazzistasalento@yahoo.it

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