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giovedì 31 ottobre 2013

Lavorare meno, difendere l'ambiente e viver meglio

Rivedere la nostra idea di lavoro, di politiche del reddito. Mobilitarsi e lottare per ridurre l'orario di lavoro, abbattere la disoccupazione e viver meglio!

Il discorso dominante delle élite politiche ed economiche non lascia alcun dubbio durante questa crisi. Per alimentare la continua crescita economica e la promessa di piena occupazione, lavorare di più (e mangiare di più) è un dovere patriottico della cittadinanza moderna. Una volta conquistato il potere presidenziale francese nel 2007, Nicolas Sarkozy ha proclamato che la priorità era «lavorare di più per guadagnare di più».
Nel frattempo, Mariano Rajoy non sembrerebbe meno nella sua carriera alla Moncloa (il palazzo del governo, ndt) e, in un’intervista nel marzo 2011, ha inaugurato una via di sviluppo complessa «lavorare di più e guadagnare di meno». Una volta al potere, ha lanciato il suo piano di aumento delle ore di lavoro ad esempio dei funzionari a 37,5 ore con un congelamento dei salari. Allo stesso tempo, i datori di lavoro spagnoli sono venuti alla ribalta con la loro proposta di «mini-jobs», nessuna porta aperta a una riduzione dell’orario di lavoro per vivere meglio con meno, ma aumento del lavoro tra i poveri. Non lontano, il Portogallo ha deciso di aumentare di mezz’ora un giorno della settimana di lavoro nel settore privato e tutti i paesi europei hanno scelto di aumentare l’età pensionabile.
Di fronte a tutto ciò, che può soltanto aggravare ulteriormente la crisi sociale ed ecologica, è necessario rivedere la nostra idea del lavoro e delle attività umane: ci sono altri scopi diversi dalla crescita e l’essere umano ha altri mezzi di espressione, nonché di produzione o di consumo. 

mercoledì 30 ottobre 2013

Gli zingari che non rubano i bambini

La casa dei genitori naturali di Maria e quattro dei suoi fratelli a Nikolaevo, in Bulgaria, il 24 ottobre 2013. (Reuters/Contrasto) da Internazionale.it
 
E se Maria, “l’angelo biondo”, avesse avuto gli occhi scuri e la pelle olivastra, invece che dei bei capelli biondi e un colorito roseo? Se lo è chiesto Dezideriu Gergely, direttore del Centro europeo per i diritti dei rom, di Budapest.
“La conseguenza più pericolosa dell’isteria che si è diffusa in questi giorni è che ora viviamo nella paura che ci siano tolti i nostri figli sulla base di percezioni sbagliate. Nessuno dovrebbe essere giudicato sulla base della propria etnia”, ha detto al New York Times.
Tutto comincia il 16 ottobre quando, durante un’operazione nel campo rom di Fasala, ad Atene, la polizia sottrae una bambina di circa quattro anni, Maria, alla famiglia con cui era cresciuta perché il suo aspetto non combacia con quello dei suoi presunti genitori. La coppia è stata arrestata cinque giorni dopo per rapimento di minore. 

lunedì 28 ottobre 2013

Precarietà&occupabilità vs lotta&autorganizzazione

In vista della Manifestazione del 31 ottobre promossa a Bari dal Presidio permanente lavoratori Om pubblichiamo i Reports&Bollettini di Bastard&Poor'$, la prima agenzia di rating dei lavoratori


Bollettino #1: Saperi essenziali e occupabilità 

Secondo lo studio dell’OCSE, ai lavoratori e alle lavoratrici italiane mancherebbero i “saperi essenziali” per affrontare il XXI secolo. Per il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giovannini questo dimostrerebbe la loro scarsa occupabilità o, detto in termini meno espliciti, l’esigenza di formazione continua a tutte le età. Il messaggio subliminale, ma non troppo, di queste esternazioni è che, mancando quei saperi essenziali, meritarsi un lavoro è sempre più arduo e tanto più bisogna essere grati a chi ce lo dà, dimostrando la propria gratitudine ogni qual volta egli imponga un’ulteriore diminuzione del salario o un aumento dei carichi e degli orari di lavoro.
Secondo le analisi condotte da Bastard&Poor’$ questa prospettiva travisa la realtà innanzitutto perché non considera lo scollamento sempre maggiore tra formazione e lavoro, per cui anche là dove c’è un’alta formazione il lavoro è precario, sottopagato o semplicemente non c’è. Inoltre, con la scusa della formazione si è diffusa la prassi di utilizzare i tirocini non pagati come forma normale di assunzione temporanea. Infine, ci sembra che le qualità necessarie per essere e restare occupati siano altre: la resistenza a ritmi crescenti di lavoro, fisico e intellettuale, dovuto a una diminuzione generale del numero dei dipendenti, riscontrabile su larga scala dai negozi alle cooperative, dalle imprese di pulizia ai magazzini agli uffici e la disponibilità totale a qualsiasi condizione di lavoro.

venerdì 25 ottobre 2013

Riappropriarsi della fabbrica per riprendersi il futuro

L'appello per una manifestazione lanciata dal presidio permanente dei lavoratori Om

E' arrivato il momento di ri-prenderci il lavoro, la dignità...i nostri diritti!
MANIFESTAZIONE h16.30 Giovedì 31 ottobre – Piazza Umberto, Bari
Riprendiamoci le fabbriche!   

La vicenda delle ingiustizie subite dai lavoratori dell'Om Carrelli è ben nota. E oggi accomuna tanti e tante altri lavoratori e lavoratrici! Dopo la chiusura della fabbrica e le mancate reindustrializzazioni ci siamo autorganizzati con un Presidio permanente davanti ai cancelli dello stabilimento per rivendicare semplicemente un diritto che ci appartiene. Impedire l'uscita dei carrelli, prodotti con l'inganno, per noi significa continuare a lanciare un messaggio chiaro a tutti: le nostre vite non si barattano sull'altare dei profitti dei padroni!

Abbiamo ricevuto la solidarietà attiva di studenti, cittadini, tanti altri lavoratori, artisti come Caparezza, Anonima Gr, Emilio Solfrizzi e Antonio Stornaiolo, calciatori del Bari calcio, parocchie.

mercoledì 23 ottobre 2013

Mobilitarsi per non rimanere indifferenti

L'appello-documento della Rete antirazzista del Salento per avviare un percorso comune tra le varie iniziative locali

La strage avvenuta alcuni giorni fa nel mare di Lampedusa ha suscitato un grande clamore mediatico accompagnato da accesi e ipocriti dibattiti politici. Come sempre, sui media, commozione e cronaca vanno a braccetto: ci vuole una enorme tragedia e grandi numeri per rendere attraverso gli schermi delle televisioni e dei sociali network l’idea di una nave colata a picco colma di esseri umani per immaginare la disperazione di tante vite silenziose, storie, quasi irreali, di chi scappa da una guerra, da persecuzioni, dalla miseria, o semplicemente vorrebbe una vita migliore. Tragedie simili a questa, con numeri meno eclatanti, si consumano giorno dopo giorno, da più di vent’anni. Un lento stillicidio che ha trasformato il Mar Mediterraneo in un cimitero di migliaia di corpi che non trovano spazio sui media, né ricevono lacrime istituzionali.

L'UE e i singoli Stati membri, nel corso degli ultimi vent’anni, hanno elaborato politiche migratorie sempre più incentrate sugli aspetti repressivi e gli orientamenti securitari. La volontà dichiarata di contrastare l’immigrazione irregolare è divenuta il leitmotiv della maggior parte dei discorsi pubblici (politici e/o massmediatici) che si è espressa fino ad oggi quasi esclusivamente mediante l’elaborazione di strumenti repressivi quali l’irrigidimento e l’esternalizzazione dei controlli alle frontiere o il rafforzamento delle garanzie d’esecutività per le espulsioni, lasciando nel dimenticatoio la promozione di percorsi di cittadinanza. Finora l’armonizzazione normativa tra gli Stati membri è avvenuta quasi esclusivamente in negativo, con la diffusione di pratiche repressive e di standard di diritti al ribasso. La stragrande maggioranza delle iniziative è andata nella direzione di assicurare la chiusura delle frontiere, nell’infondata illusione di bloccare i flussi migratori, mentre, in concreto, poco è stato fatto per promuovere la libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato, così come prevede, tra l’altro, l’articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.

lunedì 21 ottobre 2013

Let's talk about amnesty

Dopo gli arresti della manifestazione del 19 ottobre a Roma proponiamo un articolo sulla repressione e sull'amnistia apparso su CommuniaNet.org
(foto del Collettivo per l'autogestione - Urbino)


L'8 ottobre scorso, con un messaggio inviato alle Camere, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha posto formalmente al Parlamento il tema del sovraffollamento carcerario e dell'amnistia. L'intervento del Presidente è stato sollecitato da una sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo (Corte Edu), approvata nel gennaio 2013 e resa definitiva a maggio, che intimava all'Italia di porre rimedio alla situazione di sovraffollamento carcerario entro un anno dalla sentenza definitiva (e quindi entro maggio 2014). Nel suo messaggio, il Presidente ha proposto misure di carattere strutturale, come la previsione di misure restrittive della libertà alternative al carcere, e la costruione di nuove carceri. Tuttavia, data la ristrettezza dei tempi imposta dalla sentenza europea, il Presidente ha suggerito l'impiego di misure straordinarie come l'amnistia (che prevede l'estinzione del reato) e l'indulto (che prevede l'estinzione della pena). 

Le reazioni della politica istituzionale non si sono fatte attendere. 

venerdì 18 ottobre 2013

Estate 2011, raccontare la rivolta dei migranti del Cara di Bari

Il processo presso il Tribunale di Bari verso 31 migranti, accusati di resistenza a pubblico ufficiale, blocco ferroviario, interruzione di pubblico servizio, danneggiamenti, violenza privata, risalente alla rivolta del 1^ agosto 2011 da parte di centinaia di richiedenti asilo del Cara di Bari-Palese è stato aggiornato al 7 marzo 2014. 

Quelle ore e lunghi giorni, così come i mesi successivi (quando abbiamo avviato una raccolta fondi per l'assistenza legale agli arrestati), li abbiamo vissuti in prima persona a supporto delle rivendicazioni dei migranti "ospiti" del Centro di accoglienza richiedenti asilo; i quali per mesi, prima della protesta, avevano chiesto alle autorità compententi (governi locali e nazionali) di accelerare le pratiche per i permessi di soggiorno e il riconoscimento dello status di rifugiati. 

Cosa più facile in questi contesti è accusare i diretti protagonisti. A maggior ragione quando, da 'povere vittime' alle quali concedere carità ed assistenza, i migranti decidono di autorganizzarsi e ribellarsi a fronte delle negligenze e responsabilità dei governi e di chi lavora per loro.

giovedì 17 ottobre 2013

A Teatro con "E poi?" on the road...

Parte il tour dello spettacolo teatrale "E poi?"...racconti di una generazione in movimento alla ricerca di un percorso comune dentro e contro la precarietà. Un tour con e a supporto dei migranti del Socrate occupato di Bari. La prima al Flying Circus mercoledì sera a Bari vecchia l'evento facebook


E poi? è una breve rappresentazione teatrale che racconta le storie di persone, di singole individualità, che si incontrano in un luogo comune come un negozio e che tutte, apparentemente diverse, sono invece unite dalla stessa sorte: un lavoro precario, magari anche irregolare, con turni di lavoro lunghissimi e mal pagato! Ma la precarietà non è soltanto una caratteristica di un contratto di lavoro: la precarietà del reddito cancella la possibilità di fare progetti per il futuro, accresce l’incertezza, incide sulle relazioni e sugli affetti!

E così ci si ritrova a passeggiare negli ipermercati sentendosi i Diversi Soli in una insieme di Eguali che condividono, invece, le stesse situazioni lavorative e personali.
Straordinario, ma vero!!! Dalla commessa, alla signora che si fa un giro in negozio senza soldi, alla centralinista di un call center, all’omosessuale deriso, tutti protagonisti dello spettacolo, raccontano uno stralcio di vita in cui tutti/e ci siamo passate e/o ci passiamo ancora.
Necessario è capire che non siamo Diversi e Soli ma siamo di più, siamo parte di quel 99% che subisce un’economia organizzata a beneficio dei ricchi, l’acuirsi di disuguaglianze, la disoccupazione, la finanziarizzazione diffusa ecc. Frequentiamo tutti/e la stessa classe, non ancora in lotta però!

mercoledì 16 ottobre 2013

"Per l'acqua il futuro è nero, se non è rifiuti zero" . Il comunicato del Comitato Pugliese Acqua Bene Comune.

PER L'ACQUA il FUTURO è NERO, SE NON E' a RIFIUTI ZERO
MA LA REGIONE PENSA ALLA CONCORRENZA E DIMENTICA LA SALUTE.


Molti di noi hanno manifestato assieme ai cittadini di Mola,Polignano e Conversano contro il nuovo Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani, mentre questo era in discussione presso il Consiglio regionale Pugliese, che prevede, fra l’altro, la conferma della tristemente celebre discarica in Contrada Martucci.
La popolazione denuncia l’utilizzo di tale discarica anche – oramai - per lo sversamento di rifiuti tossici e nocivi per la salute pubblica.

Dal canto nostro, non possiamo che prendere atto dell’ennesima inadeguata, contraddittoria e deludente decisione da parte dell’amministrazione regionale che ignora la evidente volontà di oltre 13.000 di cittadini Pugliesi che in questi ultimi mesi hanno firmato per la proposta di legge di iniziativa popolare “Rifiuti Zero” la quale prevede, fra l’altro, il recupero e il riutilizzo dei materiali contenuti nei rifiuti.

domenica 13 ottobre 2013

Accordi scellerati. Lettera di un operaio della Bridgstone alla Cgil

Rivolte a sud vi propone la lettera di un operaio della Bridgestone di Bari indirizzata alla CGIL dopo l'Accordo firmato tra azienda, istituzioni e sindacati.
 
Gentile Cgil,
la propaganda solitamente la fanno i supermercati, i produttori di bibite gassate, i dittatori...ecco i dittatori.
Il modo che avete di presentare la questione è da venditori di pentole. Avete firmato un accordo che dichiara mezza popolazione aziendale in esubero, chi rimane con stipendi immorali, avete concesso sforbiciate miopi a diritti decennali, non avete avuto nessuna garanzia da un'azienda che era in attivo, faceva (e fa) utili e produzioni prestigiose. Dittatori, perchè non avete chiesto la nostra opinione e quando la avete fatto non vi è andata bene. Non ci vuole malizia per pensare che la eventuale chiusura della Bridgestone non avrebbe colpito solo i lavoratori, ma per esempio voi: tessere, caf, fondo pensioni, ecc. - le banche: ci saranno 700 mutui da pagare tra gli operai Bridgestone, - lo Stato: tasse e almeno 150 mln di euro per gli ammortizzatori, - Comune, Regione, Provincia tra tasse e chiaramente i 30/40 mln l'anno che i dipendenti riversano sulla società, nei paesi.
Ma nonostante tutti questi soggetti avevano da perdere, chi ha pagato? Chi è dovuto scendere a patti, chi si è sentito umiliato per sentirsi dire che il suo lavoro non vale quasi niente? Chi non potrà mandare i figli a scuola (i figli degli operai devono fare gli operai!!)? GLI OPERAI!

sabato 12 ottobre 2013

Per la ricostruzione di una genealogia rivoluzionaria

Dopo il workshop su Riappropriazione/Autogestione/Nuovo mutualismo pubblichiamo il ws sull'esperienza della "Prima intenazionale, della Comune di Parigi" tenuto a Communia Fest - settembre 2013

Questa discussione sulla Prima Internazionale non deve essere affrontata con l’ottica del “tornare a…” per due buone ragioni. La prima è che la storia non conosce la marcia indietro e le analogie sono un importante strumento cognitivo, ma il loro uso incauto necessariamente tradisce il presente. La seconda è che sarebbe insensato scavalcare un secolo comunque caratterizzato anche da dinamiche ed eventi di liberazione. Per esempio la rivoluzione del 1917 e le conquiste del lavoro salariato in Europa, malgrado i loro esiti; per esempio le rivoluzioni anticolonialiste e le rivolte delle minoranze cosiddette razziali; il femminismo, con cui la prima delle internazionali mancò invece l’appuntamento; la nascita e l’ascesa del movimento contro lo stigma alle persone non eterosessuali.

Dovremmo invece avvicinarci a protagonisti, eventi e teorie del passato come a un lavoro funzionale alla costruzione di senso e alla rielaborazione di racconti alternativi a quelli delle formazioni sociali dominanti. Che la storia sia un’importante posta in gioco bastano a dimostrarlo due fatti, i primi che mi vengono in mente dei tanti: lo scempio dei programmi di storia fatto in Italia soprattutto dai governi di destra e i festeggiamenti nel 1989 per il bicentenario della rivoluzione francese. In quest’ultima occasione assistemmo al paradosso di un paese in festa per la celebrazione di un evento che i media presentavano poi come la radice di ogni male della contemporaneità.
La storia ci dice di chi siamo figli, di quali problemi siamo eredi, qual è la nostra genealogia. Preferisco usare questo termine invece che “tradizione”, concetto che si presta a facile anche se giusta critica e che rappresenta invece il risvolto conservatore della storia come componente del senso di sé.

giovedì 10 ottobre 2013

Riappropriazione/ Autogestione/ Nuovo Mutualismo

da COMMUNIA FEST workshop su Riappropriazione, Autogestione, Nuovo mutualismo
Roma, 20-21-22 settembre 2013
Nell’ultimo anno stiamo praticando esperienze di occupazione, riappropriazione, mutualismo, recupero e gestione conflittuale diretta di spazi, che possono essere di proprietà pubblica o privata.


1)Queste pratiche vivono all’interno di processi di autorganizzazione di un proletariato etereogeneo, attraverso i quali la pratica dell'autorganizzazione si consolida ma soprattutto si riproduce socialmente, e col tempo crea soggettività di classe ed anche relazioni economiche e sociali differenti a quelle dominanti.


2) Una contraddizione irrisolta del marxismo sta nella dialettica tra l’approccio statalista-centralista e un approccio autogestionario. Queste tesi, tra loro all’apparenza inconciliabili, possono convivere insieme all’interno di processi sinergici da provare ad articolare gli uni con gli altri. In Marx non c’era il rigetto delle esperienze sociali (cooperative, principio collettivista) come dimostrano i documenti e le corrispondenze redatte durante la I^ Internazionale. Piuttosto si scagliava contro la falsa illusione di poter abbattere il capitalismo attraverso una loro graduale e spontanea estensione, surclassano così la questione fondamentale della presenza dello Stato. Il primo quesito che dobbiamo porci è: come conciliare le esperienze di autogestione, mutualismo e riappropriazione a livello locale con la necessità di deperire lo Stato attuale (al servizio degli interessi del capitalismo), momento decisivo del processo di emancipazione sociale, e dall’altro ridurre, corrodere i diritti del capitale?

lunedì 7 ottobre 2013

Migranti: il "nostro lutto" è supporto e lotta quotidiana

Dopo l'ennesima strage politica nel Mediterraneo è necessario continuare a supportare le rivendicazioni dei migranti e le loro forme di autorganizzazione.

Negli ultimi vent’anni in Italia si è determinato un clima di xenofobia sempre più generalizzato, rafforzato dai quei governi che oggi compongono le "larghe intese". Negli anni si sono susseguite delle vere e proprie campagne politico-mediatiche improntate alla diffusione della paura verso l’immigrato, presunto responsabile dell’insicurezza pubblica. Il pacchetto sicurezza, insieme a dispositivi dei governi locali sia di centrosinistra che di centrodestra, hanno gradualmente introdotto norme che rasentano la discriminazione razziale. L’introduzione del reato di clandestinità con la legge Bossi-Fini del 2002, tra le altre cose, ha determinato un meccanismo di delazione molto pericoloso nel tessuto sociale che ancora oggi continua a minare la solidarietà tra chi è rimasto ai margini, producendo una sensazione di rischio e pericolo complessivo che si diffonde nella vita di tutti, non solo dei migranti. Dei lager che legittimano forme di razzismo ed esclusione sociale.

Per la difesa dei territori e dei beni comuni

Dall'Assemblea di Monte Amiata un appello in "Difesa dei territori e dei beni comuni, contro vecchi e nuovi colonialismi"
Le iniziative in città

12 ottobre, giornata di mobilitazione nazionale

“Il 12 ottobre 1492 l’America scoprì il capitalismo…” (E.Galeano)

Siamo donne e uomini che si oppongono quotidianamente al saccheggio sistematico dei nostri territori e dei beni comuni, alla vorace produzione di profitti su beni e risorse che appartengono a tutti e sono fondamentali per le nostre vite, alla continuativa espropriazione della ricchezza collettiva a favore dei mercati e degli interessi del capitalismo neoliberista.
Ma affermando i nostri no, affermiamo nuovi e diversi sì…
Lo facciamo praticando una nuova partecipazione e ambiti di democrazia diretta, immaginando territori sostenibili nelle loro produzioni e consumi, realizzando una nuova cooperazione sociale, impegnandoci collettivamente alla costruzione delle dinamiche del comune.

sabato 5 ottobre 2013

Do the right thing...occupy! OnTheMove

Tutti ci chiedono “Cos’è On The Move?”. È un collettivo politico? È una crew hip hop? È un’etichetta musicale? È un gruppo di ragazzi che organizza eventi ed iniziative culturali? Siamo tutto questo. (il video autoprodotto)


Ci occupiamo di sradicare le etichette assegnate, perché non vogliamo che sia qualcun altro a dirci cosa siamo. Usiamo la musica hip hop come arma. Arma di protagonismo, narrando le nostre storie, individuali e collettive. Arma di visibilità, perché a volte ci sentiamo invisibili, e invece abbiamo qualcosa da dire.
Attraverso il rap, la cultura hip hop, lo sport e la socialità cerchiamo di costruire, giorno dopo giorno, spazi di confronto, di riflessione e di azione che producono cambiamento nella città in cui viviamo, lavoriamo e studiamo.

venerdì 4 ottobre 2013

All'Istat una settimana di lotta contro la precarietà!

"5 giorni resi efficaci e bellissimi dallo sforzo collettivo, dalla partecipazione, dall’entusiasmo di noi tutti. La sensazione è che, insieme, si sia costruito qualcosa di molto forte. Proseguiamo su questa strada!"

Si è chiusa la settimana di mobilitazione dei precari dell'Istat per difendere il loro lavoro e le loro competenze. Una lotta che ha coinvolto la quasi totalità dei precari, con scioperi, assemblee, manifestazioni di piazza. Di seguito un'intervista a due dei lavoratori: Daniele D'Ambra e Angelita Castellani.

Perché questa settimana di intensa mobilitazione? Perché la maggior parte dei precari Istat rischia di essere messa alla porta?
La settimana di mobilitazione indetta dai precari dell’Istat si inserisce in un percorso avviato già da circa tre anni, quasi in contemporanea con il nostro ingresso in Istituto. Questo perché già ad un mese dalla nostra assunzione l’amministrazione ha indetto nuovi concorsi a tempo indeterminato, palesando la volontà di differenziare i destini dei lavoratori precari rispetto a tutti gli altri attraverso l’utilizzo di un doppio canale di assunzione: il primo a termine e senza alcuna prospettiva e il secondo per l’ingresso compiuto nei ruoli dell’Istituto, nonostante la presenza di un articolo ad hoc (art. 5) all’interno del CCNL comparto Ricerca che prevede la possibilità di trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato qualora questi siano stati stipulati attraverso una procedura concorsuale pubblica. 

giovedì 3 ottobre 2013

La strage di Lampedusa e l'ipocrisia del potere

L'ennesima morte di decine, centinaia di migranti nel Mediterraneo non è una novità. Sconcerta ogni volta che accade, si susseguono immagini, notizie tra servizio giornalistico e talk show, pietismi morali e voci politiche imbarazzanti, ipocrite. Voci complici di un'Europa che riafferma senza veli e mediazioni la propria cultura "civile" individualistica, caritatevole, distratta dal dispotismo del mercato e difficilmente pronta a domandarsi fino in fondo chi siano i responsabili delle morti e dei flussi migratori continui da una sponda all'altra del Mediterraneo.
Un'Europa pronta da una parte con i suoi governi e le sue governance sovranazionali a reagire con bombardamenti, rivendicando la protezione di intere popolazioni dai regimi da loro stessi fagocitati e supportati, per poi disconoscerli schierandosi a favore di chi protesta, si ribella per migliorare le proprie condizioni di vita. Ma quelle stesse persone che si rivoltano e rivendicano libertà e democrazia, che scappano da guerre e conflitti combattuti con le armi Made in Europe and Italy, o non riescono ad arrivare sulle coste del Sud Europa o quando arrivano sono considerate clandestine, illegali, destinate ad essere rinchiuse nei C.a.r.a. ormai decadenti e inumani, pronte ad essere identificate per decidere nel frattempo che fare di loro: rispedirle da dove sono arrivate, segregarle nei CIE o riconoscergli lo status temporaneo di profugo per renderle funzionali alle esigenze dell'economia di mercato dell’occidente "culla della democrazia".

mercoledì 2 ottobre 2013

Gli occhi chiusi dell'Occidente

Alessandro Dal Lago commenta la strage di Scicli, dove tredici migranti sono morti dopo essere stati gettati in acqua dagli scafisti quando la loro barca si è incagliata sulle coste del ragusano.


Viene lo scoramento a commentare una volta di più una notizia come quella della strage di Scicli - perché di strage si tratta. Ma bisogna farsi forza, soprattutto per sfondare il muro delle frasi fatte e dei luoghi comuni che accompagnano sui media queste notizie. Non si tratta di una calamità, e solo in parte di un delitto degli scafisti, se il loro ruolo verrà confermato. Perché la responsabilità di stragi di queste proporzioni (poco meno di 20.000 annegati in 25 anni) non è di poche carogne, quanto dei nostri paesi, occidentali, europei e «civili» che non vogliono vedere, non vogliono sapere e soprattutto non vogliono agire.

In Sudan c'è un popolo in rivolta.

Dal 23 di settembre la popolazione sudanese si è sollevata contro la dittatura islamica e militare di Omar Al Bashir. A seguito dell'uccisione di 27 persone durante le manifestazioni contro l'aumento dei prezzi e la decisione del governo di sopprimere i sussidi al carburante in Nyala, la capitale del Darfur meridionale, la mobilitazione si è diffusa in tutto il paese e in tutti i settori.

Rivolte e Repressione
Il Sudan, che ha rovesciato due dittature militari dalla sua indipendenza, ha visto crescere fin dal gennaio 2011 un movimento di protesta giovanile e manifestazioni in molte città, in continuità con la lotta contro il regime che va avanti fin dal colpo di stato del 30 giugno 1989 (che ha portato al potere l'attuale governo ndt).
Molti manifestanti sono stati arrestati a partire dal movimento del giugno 2012 o imprigionati nelle "case fantasma", i centri di tortura del regime dove gli oppositori sono reclusi fin dal 1989. Oggi i manifestanti chiedono la caduta del regime. La repressione è molto feroce ed in questi giorni già oltre cento giovani manifestanti sono stati uccisi.