Il discorso dominante delle élite politiche ed economiche non lascia
alcun dubbio durante questa crisi. Per alimentare la continua crescita
economica e la promessa di piena occupazione, lavorare di più (e
mangiare di più) è un dovere patriottico della cittadinanza moderna. Una
volta conquistato il potere presidenziale francese nel 2007, Nicolas
Sarkozy ha proclamato che la priorità era «lavorare di più per
guadagnare di più».
Nel frattempo, Mariano Rajoy non sembrerebbe meno nella sua carriera alla Moncloa (il palazzo del governo, ndt)
e, in un’intervista nel marzo 2011, ha inaugurato una via di sviluppo
complessa «lavorare di più e guadagnare di meno». Una volta al potere,
ha lanciato il suo piano di aumento delle ore di lavoro ad esempio dei
funzionari a 37,5 ore con un congelamento dei salari. Allo stesso tempo,
i datori di lavoro spagnoli sono venuti alla ribalta con la loro
proposta di «mini-jobs», nessuna porta aperta a una riduzione
dell’orario di lavoro per vivere meglio con meno, ma aumento del lavoro
tra i poveri. Non lontano, il Portogallo ha deciso di aumentare di
mezz’ora un giorno della settimana di lavoro nel settore privato e tutti
i paesi europei hanno scelto di aumentare l’età pensionabile.
Di fronte a tutto ciò, che può soltanto aggravare ulteriormente la crisi sociale ed ecologica,
è necessario rivedere la nostra idea del lavoro e delle attività umane:
ci sono altri scopi diversi dalla crescita e l’essere umano ha altri
mezzi di espressione, nonché di produzione o di consumo.