sabato 3 agosto 2013

Inizia la lotta contro la chiusura della Bridgestone


Anche a Bari ogni promessa è debito se a farla è il padrone della fabbrica. Rischio licenziamento per 950 dipendenti!


La comunicazione ufficiale della chiusura dell'unico stabilmento Bridgestone in Italia pare essere arrivata a ciel sereno appena lunedì scorso a mezzo stampa. Come dichiarato dall'azienda, le cause sono riconducibili sia a fattori interni: processi e struttura organizzativa, presenza di macchinari funzionali a una produzione di pneumatici considerati di uso generico; sia esterni: costi della logistica ed energetici elevati. Nei fatti, però, ascoltando i lavoratori in presidio permanente davanti ai cancelli, le avvisaglie di un cambio di rotta e di una decisione valutata già da tempo c'erano tutte. Appena un anno e mezzo fa il nuovo direttore dello stabilimento, appena insediatosi, aveva pubblicamente detto che tutte le decisioni dello stabilimento saranno prese in funzione degli interessi e delle strategie della casa madre multinazionale giapponese con sede centrale europea a Bruxelles. 
Negli ultimi tempi il clima in fabbrica era diventato di vero terrore; non ci si poteva avvicinare ai capi reparto, nè discutere con i colleghi, per chiedere delucidazioni sulle contraddizioni dei livelli produttivi. Mentre i sindacati si erano appena accordati con l'azienda per una diminuzione dei giorni di lavoro mensile, contemporaneamente si richiedeva maggiore disponibilità di straordinario, si aumentava la domanda di lavoro interinale ed intermittente. Di fronte alle richieste di messa in sicurezza di alcune zone dello stabilimento si verificavano comportamenti di isolamento, pressione e ricatto nei confronti dei lavoratori che denunciavano o semplicemente ponevano la questione di una maggiore attenzione alla salubrità sul posto di lavoro. Dopo le prime ore di sgomento, di incredulità, ormai tra le decine di operai, ex-dipendenti in pensione, giovani precari assunti a tempo durante i picchi di produzione, che si concentrano davanti all'entrata della fabbrica sita nella zona industriale di Bari-Modugno, prende forma la consapevolezza che sarà una lunga lotta di resistenza per evitare i 950 licenziamenti previsti, insieme a tutte le ricadute sull'indotto. Inizia a crescere il disincanto verso quell'idea di credere di essere tutti una grande famiglia all'interno dell'azienda, in cui il capo famiglia, la dirigenza, è sempre pronta a fare sacrifici per i propri figli: gli operai. Ora più che mai è necessario un supporto ai lavoratori per condividere con loro un impervio percorso a tutela della propria dignità, in cui le vite e il lavoro delle persone valgono più dei loro profitti. Inizia una vertenza che non riguarda solo direttamente i lavoratori della Bridgestone bensì la possibilità di creare solidarietà, spazi per pensare come rivoltare la precarietà di lavoro e di vita. Ecco perchè questa mattina abbiamo portato non solo la nostra solidarietà, ma anche la disponibilità a far sì che questa lotta non rimanga isolata da tutte le altre forme di sfruttamento, di ricatto diffuse sul territorio.

07 marzo 2013
Di “Rivoltiamo la precarietà”.

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